Il 16 Dicembre 2018 si è conclusa la 50° Edizione del Festival Macerata Teatro “Angelo Perugini” con la premiazione dei vincitori del Festival:
Theatre DeGart: vincitori del premio del Pubblico
Teatro Impiria: vincitori del premio della Giuria Giovani
Sarebbe riduttivo però concludere la rassegna semplicemente ricordando i vincitori dei due premi. Facendolo si farebbe un grosso sgarbo al Teatro e alla passione che tutte le compagnie hanno profuso in questo progetto organizzato dalla CTR Calabresi Te.Ma. Riunite Macerata e portato avanti grazie alla collaborazione con il Comune di Macerata e alle donazioni di tutti gli sponsor, quest’anno tanti, ma mai troppi.
Degna di menzione la presenza dell’Assessore alla Cultura Stefania Monteverde che ci ha accompagnato lungo il percorso iniziato ben prima del primo spettacolo.
Si farebbe uno sgarbo al Teatro che hanno respirato i ragazzi del Laboratorio MacerataTeatro, che grazie alla collaborazione con Unimc / Università degli Studi di Macerata hanno vissuto il teatro a 360°, imparando da chi lo vive per amore, scegliendolo giorno per giorno, senza l’onere di farlo come professione, ma con la passione di chi sa che nutrire lo spirito è necessario tanto quanto nutrire il corpo, se non di più.
E così i ragazzi hanno imparato da capaci maestri,
ed io con loro,
a montare una scenografia,
ad accogliere Compagnie Teatrali provenienti da tutte le parti della penisola italiana,
ad ammaliare il pubblico,
ad attirare con parole d’oro e a mantenere sempre più di quanto promesso,
a interagire con uno spettacolo che tanto ha di diverso da quello degli altri media,
a imparare a giudicare ciò che si guarda a vari livelli,
e tante altre cose che non mi voglio dilungare oltre ad elencare per evitare di banalizzarle.
Tra le altre però, secondo me, merita due parole, la capacità di vincolare, con un profondo legame, colui che guarda e colui che recita. Forse per via del fatto che in concomitanza agli spettacoli al Teatro Lauro Rossi – Macerata si siano organizzati, nell’ambito del progetto della Regione Marche dal nome Marche InVita, degli spettacoli nei territori colpiti dal sisma del 2016 e si sia offerta gratuitamente la stessa magia ricreata poi sulle curate tavole di legno del palco maceratese.
In questi frangenti è stato più forte e chiaro che quel legame non fosse la semplice capacità dell’attore di avvincere, ma, forse per me ancor più sentita, la gratitudine, la speranza, la luce negli occhi di chi guarda… Diversa in ogni sguardo, perché ognuno hai i suoi problemi, i suoi demoni, ma simile per tutti. Quel legame crea un’intimità che fa sentire tutti vecchi amici, anche se forse per poco, ricordandoci che siamo tutti sulla stessa barca.
Parlando con Fabiano Marti, regista di “Nient’altro che la verità” dell’associazione teatrale Quanta Brava Gente, si discusse in merito alla possibilità dello spettacolo di dover o meno lasciare un messaggio positivo allo spettatore.
Loro, nel loro spettacolo lo hanno fatto molto bene, ma non so se crederlo necessario. Sicuramente lasciare per un attimo la realtà e vivere una storia spensierata, rasserena l’animo, e lì risiede la mia personale preferenza, ma sicuramente è ugualmente importante anche la catarsi che ci permettono spettacoli come “Il Giallo di Veronica” della Compagnia del Giullare con i suoi efferati crimini ed indicibili scelleratezze. Il Teatro può anche ricordare la miseria umana, quando leva la maschera a quelli che sembrano i più forti tra noi e rende così manifesta tutta la debolezza del genere umano come hanno fatto gli attori de”Il Metodo Grönholm” di Estravagario Teatro – Verona. Oppure vuole solo fermare il tempo, per ricordare qualcosa che non deve essere dimenticato e allora si palesa per la realtà pedagogica quale è, eccezionale parassita di un phatos viscerale che sentiamo ancora presente nel DNA come se quelle battaglie le avessimo combattute noi e non i nostri nonni. E in questo è sicuramente stata campionessa la compagnia teatrale del Gad città di Trento con “Oh… che Bella Guerra!”.
L’ultimo spettacolo del festival, fuori concorso, è stato Moby Dick – L’incubo di Achab del regista Paolo Nanni, con la ciurma della CTR, che ha narrato di una storia nera, di un destino ineluttabile, di una distruzione inevitabile. Ha narrato di una ciurma fedele ad un uomo che non sembra più solo questo, sembra creditore di un debito che la ciurma non salderà neanche con la propria vita, sembra quel genitore che ci ha allevati, quell’amico che non ci ha traditi, sembra il leader da seguire… sembra l’orizzonte. Ed io capisco che non vi sia rimorso in chi segue il proprio capitano, anche di fronte alla morte, perché non vi è un senso giusto ed uno sbagliato ma solo una scelta. E mi piace pensare che proprio come in Spoiler, per quanto una persona possa essere intelligente, non riuscirà mai a prevedere la fine della storia, che può virare in qualsiasi momento, come un veliero in mare.
La rassegna è conclusa e molti grazie sono ancora da distribuire per quello che è stato, ma non andate via, restate per vedere ancora la magia calcare quelle tavole di legno, che ospiteranno portali per mondi sconosciuti: qui trovate taggata la bella gente che si è adoperata per il vostro divertimento, un vostro grazie a loro rivolto, sarebbe gesto cortese… sicuramente avranno piacere se decideste di seguirli nelle loro avventure reali o sceniche che siano, ma con l’augurio che siano sempre “spettacolari”!
MASSIMILIANO CASCATA
(di seguito alcuni momenti della premiazione e dello spettacolo della CTR “Moby Dich – L’Incubo di Achab”)
Le foto sono di Ettore Lambertucci