Gli elementi principali del romanzo sono ormai iconografici e celeberrimi: l’incipit “chiamatemi Ismaele”, la balena bianca, l’equipaggio del Pequod, il controverso Capitano Achab, motore della narrazione e dei significati del romanzo atttraverso la sua ossessione di vendetta. Melville definiva la sua opera un “libro malvagio”, il suo intento era infatti scrivere un romanzo in cui fosse messo in scena il Male.
Drammaturgia e regia di “Moby Dick – l’incubo di Achab” esaltano ambiguità e proiezioni, a partire da quelle che ci portano a nutrire attrazione per Achab, oltre che timore.
Achab nella nostra messa in scena è destino di distruzione ineluttabile, ma anche punto di riferimento insostituibile, come il “Mio capitano!” di Whitman. Achab è il padre universale, custode dei segreti della nostra essenza di esseri umani, aleggia sopra i protagonisti come entità onnipotente e sovrannaturale, al pari della balena bianca, sua nemesi.
Sotto di lui agisce una ciurma di figli, obbedienti o ribelli, e un harem di ufficiali.
Senso di tragedia e lirismo shakespeariani ci accompagnano alla conclusione che tutti conosciamo.
Dunque i significati sono nel viaggio drammaturgico, nel dialogo con la cultura collettiva, rappresentata dalle musiche contemporanee, e dallo sguardo all’indietro, a come ognuno di noi ha vissuto, per dare senso all’oggi e al domani, in una nuova, ennesima, Antologia di Spoon River.